Pagelle: qual è l’utilità della valutazione?
È utile allora ridefinire i confini entro cui collocare la pratica della valutazione. Non si vuole certo sminuirne l’importanza. Al contrario, sottolinearne l’estrema utilità che questa può rappresentare all’interno del percorso educativo di ogni bambino, se considerata e vissuta correttamente.
La pratica della valutazione infatti può rivestire aspetti molto diversi nell’ambito dell’attività educativa, a seconda dell’approccio che viene adottato. Se si basa sulla disponibilità a rimanere in ascolto e si relativizza il proprio giudizio al qui e ora e all’ambito scolastico, senza trasmettere al bambino la percezione di una valutazione globale sulla persona, essa diventa strumento importante di comunicazione e di conoscenza reciproca, vero e proprio supporto all’attività didattica.
Il punto di partenza per una pratica ‘ecologica’ della valutazione è il significato che insegnanti e genitori attribuiscono a questo momento particolare dell’agire educativo. Se infatti questo viene vissuto come opportunità di conoscenza anche il bambino lo vivrà correttamente, come un momento condiviso in cui verificare i vari apprendimenti e non la propria identità complessiva, il proprio essere o meno adeguato.
Di conseguenza, la restituzione della valutazione rappresenterà un momento di comunicazione autentica, in cui adulto e bambino mettono in comunione le rispettive competenze. Un percorso evolutivo in cui possono crescere entrambi, professionalmente e umanamente. Tutti ricordiamo esperienze in proposito, magari di un compito andato male o di un’interrogazione insufficiente. Ma soprattutto ricordiamo il modo in cui la valutazione della nostra prestazione ci è stata comunicata. In altre parole, anche un giudizio negativo può rappresentare un momento di comunicazione autentica ed empatica se salvaguarda la relazione attraverso la categoria del rispetto.
La relazione docente – alunno si basa sull’ascolto
Spesso, quando si parla di ‘relazione paritaria’ tra adulto e bambino, si mostra il fianco a una critica in particolare, secondo cui si tenterebbe in questo modo di sfuggire alla responsabilità del ruolo docente. Ma in quest’accezione l’aggettivo ‘paritario’ sta a significare che i due soggetti della comunicazione hanno ugual valore e non certo che i loro ruoli si confondono.
Al contrario, la possibilità di mettersi in gioco in modo autentico con i bambini è concessa solo agli adulti che possono vantare una profonda consapevolezza del proprio ruolo e per questo possono mettersi in discussione. Un insegnante che si confronta con i bambini in modo serio (cioè che si pone in ascolto nei confronti delle suggestioni che gli arrivano dalla relazione e le coglie come opportunità per sé e spunti per il suo fare scuola) è un insegnante che afferma costantemente il proprio ruolo di educatore, che si esplica necessariamente nella relazione.
Perché questo avvenga, è necessario che l’insegnante adotti un approccio focalizzato sull’ascolto attivo sia del bambino che di se stesso e del proprio agire educativo. In questo modo la valutazione diventa esperienza formativa anche per lo stesso insegnante. Esso si trova a rileggere le proprie rappresentazioni mentali e a metterle a confronto con i colleghi, sperimentando ogni volta quanto le relazioni con lo stesso bambino siano differenti a seconda dell’adulto che valuta.
La valutazione come strumento e non fine a se stessa
Ecco quindi che valutare non è più un obbligo, ma un percorso scelto e integrato nell’attività didattica. Non più un giudizio inappellabile in cui vengono coinvolti sia il bambino che il sistema che lo accoglie (a cominciare dai genitori che si sentono valutati nelle proprie capacità accuditive ed educative). Piuttosto un’acquisizione di consapevolezza che aumenta la conoscenza reciproca di tutti gli attori coinvolti.
È importante sottolineare che la pagella può essere considerata semplicemente uno strumento: un supporto particolare che l’insegnante e il genitore possono utilizzare in vista della realizzazione di un progetto di respiro più ampio (il benessere e l’apprendimento del bambino). La pagella non ha un fine di per sé. Lo scopo della valutazione non è la valutazione stessa, la realizzazione di un programma autoreferenziato e rigido, al fine di fornire una serie di dati che rispondono a determinati requisiti metodologici.
Per l’insegnante un’opportunità di essere maestro
La pagella è piuttosto un’opportunità per l’insegnante di osservare la realtà che ha di fronte. Osservarla con uno sguardo depurato dall’ovvietà, attraverso una rilettura della realtà che lasci spazio alla scoperta. Ce lo spiega bene Beppe Sebaste nel suo libro Porte senza porta:
"Per dirlo subito in una frase, maestro è colui che indica il cammino del ritorno a sé. Colui che aiuta a ritornare a casa. Tornare a casa significa diventare ciò che si è. L’ educazione di un maestro consiste quindi nel restituire qualcun altro da un’esistenza inautentica a un’esistenza autentica… Il maestro di cui si parla in questo libro rimanda quindi a una figura non inaccessibile di educatore. Non tanto chi insegna una determinata tecnica, o arte, e neppure chi insegna ‘qualcosa’. Perché il maestro non insegna, educa; educa insegnando. Egli trasmette un insegnamento che consente al discepolo di diventare a sua volta ‘maestro’: maestro di se stesso. È quindi maestro quell’insegnante che eccede se stesso e il proprio ruolo, che ha saputo operare una risoluzione e un distacco dal proprio ego.
Il maestro, quale che sia e quando che sia, se è un maestro, è colui che restituisce il discepolo a se stesso e alla sua condizione di autenticità, attraverso trasformazioni ed elaborazioni di pensiero, perché si sa che – per quanto possa risultare incredibile – per diventare se stessi occorre inventarsi”.