Odio i compiti: come rendere i compiti a casa un momento di crescita per i bambini.

Compiti a casa: un momento di frustrazione?
Quando si parla di compiti, si può arrivare addirittura al paradosso per cui essi rappresentino un momento di grande frustrazione per tutti i soggetti coinvolti a partire dai bambini, che li vivono come un momento di noia da procrastinare il più possibile durante il pomeriggio, per poi ridursi al fatidico momento del “dopo cena” in cui genitori sfiniti si ritrovano alle prese con esercizi, temi, lezioni da ripetere e quant’altro.
Dall’altra parte gli stessi insegnanti vivono i compiti a casa come una proposta mal compresa e  mal digerita e la loro correzione in classe, a causa dei tempi e dei programmi da rispettare e della numerosità e complessità delle classi, non consente loro di soffermarsi sulle differenti necessità dei bambini, cosa che renderebbe i compiti un’opportunità di apprendimento molto più significativa.
Dal mio punto di vista, i compiti possono essere entrambe le cose. Assurde perdite di tempo e di energia o occasioni di apprendimento e di comunicazione tra adulti e bambini. Come spesso accade, dipende da come li si utilizza.

Perché devo fare i compiti?
Nella mia esperienza quotidiana i bambini mi rimandano un’idea dei compiti a casa come di un’attività a parte. Un’attività separata dal lavoro svolto in classe, di cui tutti avvertono l’urgenza ma quasi nessuno comprende l’utilità. La frase più ricorrente è “ma perché devo fare i compiti?”, spesso seguita da corollari del tipo “Io a scuola ci andrei anche volentieri, ma sono i compiti che non sopporto”. Allora è del tutto evidente (e vale per piccoli e grandi) quanto sia difficile svolgere qualsiasi operazione di cui non si comprende il senso e soprattutto il significato, ancor più se si hanno a disposizione alternative molto più piacevoli…

I compiti come parte integrante della vita scolastica
Credo che prima di tutto sia importante capire insieme ai bambini l’utilità dei compiti, che sono parte integrante delle attività svolte in classe e servono per fissare gli apprendimenti in modo personale, raggiungendo una maggiore dimestichezza nell’applicare le nozioni apprese, attraverso percorsi individuali di memorizzazione, approfondimento e rielaborazione dei contenuti, di confronto tra concetti e discipline differenti.
In altre parole, il bambino a casa dovrebbe avere il tempo e lo spazio per “lavorare” le informazioni e le esperienze vissute in classe ed integrarle nel proprio patrimonio intellettuale ed emotivo fino a farle proprie, utilizzando a questo scopo anche strumenti e linguaggi originali che vanno al di là dei compiti ma che piacciono al bambino (fumetti, musica, cartoni, film, giochi, ecc.).

Un momento in cui mettersi alla prova
I compiti rappresentano poi un momento in cui il bambino si confronta con se stesso e si mette alla prova, un passo ulteriore verso la consapevolezza di sé, dei propri punti di forza e dei limiti, alla luce di un concetto fondamentale: la responsabilità personale. Non è un tema da sottovalutare: credo che l’obiettivo principale sia quello di favorire il passaggio da “devo fare i compiti, mio malgrado, perché qualcuno mi obbliga a farlo” a “i compiti sono un affare mio, una mia responsabilità: cerco di farli al meglio”. Anche se giocare alla PlayStation è molto più divertente, ma questo è sottinteso….
Inutile dire che non esistono ricette o formule magiche. Propongo semplicemente un’idea dei compiti come di un’attività utile di per sé e quindi da trattare con l’attenzione che merita, a partire dai concetti di tempo e di spazio.

Il tempo dei compiti
Per la mia esperienza nemmeno i compiti si salvano dalla malattia che dilaga nella nostra quotidianità: la fretta. Le mamme sono di solito le più implicate nella questione-compiti. Da loro sento molte asserzioni in proposito. “Il problema è che si distrae, se no in dieci minuti finirebbe tutti i compiti”, “Prima li finisci, più tempo ti rimane per giocare”, “Vedi di finire entro la tal ora, perché dopo hai l’allenamento di calcio, nuoto, danza, ginnastica, ippica, tiro con l’arco…”. Per esperienza so quanto la pazienza sia messa a dura prova in questi momenti, però credo che questo atteggiamento rimandi al bambino un’idea dei compiti a casa come di una pratica burocratica noiosa da sbrigare velocemente, davvero poco importante.
Al contrario, il tempo dedicato ai compiti deve essere curato, “dedicato” appunto: per questo è importante trovare un equilibrio tra le esigenze della quotidianità e il ritmo del bambino, che è sempre personale, come per tutti noi.





Come strutturare il tempo dedicato ai compiti?
Inizio spesso i miei incontri con i bambini proprio analizzando insieme a loro il nostro “tempo dei compiti”. Ognuno di loro ha un quaderno (personalissimo) su cui scrive la suddivisione del nostro tempo insieme in vari momenti. L’approccio che utilizzo si basa sull’estrema sincerità reciproca. La domanda iniziale è sempre “abbiamo due ore di tempo: quanto tempo di attenzione pensi di potermi dare oggi?”. Il bambino sa che la risposta utile riguarda il tempo di attenzione reale che è in grado di sostenere. Dentro a quel confine infatti io pretendo la maggior concentrazione possibile. Non mi interessa un tempo dilatato che si sfilaccia in mille distrazione e diventa frustrante e inutile. Importante è la disponibilità genuina e onesta nell’ascolto delle proprie possibilità. In altre parole, un’assunzione di responsabilità.

Una volta concordato il tempo da dedicare ai compiti, stabiliamo come organizzarlo e con quali attività alternarlo. C’è la merenda, le costruzioni, i videogiochi, giochi di qualsiasi tipo, realizzazione di oggetti, etc. A questo punto abbiamo la nostra “scaletta”, che deve ovviamente avere i requisiti per garantire lo svolgimento dei compiti della giornata. Da questa non deroghiamo se non per motivi importanti. Questo è fondamentale perché si tratta di un’assunzione di responsabilità reciproca. Il bambino mi garantisce la sua parte di lavoro e di attenzione. Io gli garantisco di rispettare con precisione i momenti che abbiamo deciso di dedicare allo svago.

Lo spazio dei compiti
Strettamente connesso al concetto di “tempo dei compiti” è quello di “spazio dei compiti”, che rappresenta un ulteriore indicatore per comprendere l’importanza che si dà all’attività a casa. Una delle prime domande che faccio ai genitori che incontro riguarda il contesto in cui il bambino fa i compiti, intendendo tale concetto in senso sistemico, come spazio fisico e come clima: cioè in quale luogo li svolge abitualmente (quando posso vado a vedere di persona) e, non meno importante, con chi (mamma, nonna, fratelli, amici…)? Con il televisore o il computer acceso? Il cellulare vicino? La musica?

E’ del tutto evidente che non esistono regole valide per tutti. E’ però fondamentale riflettere su questo argomento e prendersi cura dello spazio dedicato ai compiti. Questo può facilitarne lo svolgimento, anche se le risposte saranno diverse per ciascun bambino. Per esempio, per alcuni la musica aiuta la concentrazione, mentre per altri è una fonte di distrazione. Lo stesso si può dire per il disordine o per la presenza di altre persone. Ciò che importa è che, qualsiasi siano le condizioni, non siano casuali ma frutto di una valutazione attenta.

Quando anche la scelta degli arredi è importante
Un lavoro che spesso si rivela utile, anche per sottolineare il fatto che si sta dando il giusto valore all’attività dei compiti a casa, è la realizzazione insieme al bambino di una piantina dello spazio dei compiti  per riflettere insieme sui limiti della configurazione attuale e sugli eventuali miglioramenti da apportare. Lo studio dello spazio riguarda sia la collocazione dei mobili (in particolare della scrivania), sia la luce principale e le luci secondarie, la posizione di porte e finestre (che potrebbero costituire una fonte di distrazione), la presenza o meno di scaffali e contenitori dove collocare in modo efficiente i libri e il materiale scolastico, la possibilità di avere uno spazio vuoto dove potersi muovere liberamente per riacquistare la concentrazione, la presenza di tv o altri apparecchi, ecc.

Tutti i giorni, nel mio lavoro con i bambini, sperimento quanto la variabile “spazio” sia importante e tuttavia sottovalutata, quanto il sentirsi a proprio agio migliori la predisposizione ad apprendere. Uno spazio accogliente rimanda al bambino un’idea di rilevanza, determinante per accrescere la stima e la benevolenza verso se stesso: se ci si prende cura dello spazio in cui fa i compiti significa che ci si prende cura di lui e del suo lavoro, che è un lavoro importante, degno di rispetto e di attenzione.